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Carlo Giuffrè

Semplicemente Grande




di Emanuela Catalano



E’andato via così, come una foglia d’autunno , nei giorni umidi d’inizio novembre; un elegante moto nell’aria e poi il silenzio, il buio, come a teatro quando, con un fruscìo, si apre il sipario,  e sul palcoscenico sta per iniziare lo spettacolo.

 

Questo grande attore si è contraddistinto, in una carriera lunga 70 anni, per una cifra personale di eleganza e discrezione che sono stati il brand di un attore lontano dal clamore e dall’autocelebrazione.

 

Dagli 8 ai 15 anni Carlo Giuffrè è stato collocato in un collegio, a seguito della scomparsa del padre orchestrale al San Carlo di Napoli.

All’interno della formazione educativa nel collegio, grazie alle recite scolastiche, l’adolescente Carlo matura l’idea di fare l’attore nella vita.

Uscendo dal collegio si ricongiunge, e siamo negli anni della guerra, al fratello Aldo, maggiore a lui di quattro anni, che nel frattempo muoveva anch’esso i primi passi nel mondo dello spettacolo. Aldo lavorava alla radio, sarà lui lo speaker che darà l’annuncio della fine della guerra dai microfoni dell’Eiar.

 

Assieme i due fratelli giungono alla compagnia di Eduardo De Filippo.

Carlo, ancora ammirato dalla grandezza del Maestro, ne ricorda l’insegnamento che, a distanza di tanti anni è sempre pronto alla memoria: "Tenite fferme ste 'palette'!" alludendo, Eduardo, con questo termine, alle grandi mani e alle lunghe braccia di quel giovane uomo, alto e magro, di quella magrezza distintiva della giovinezza, e soprattuto di quella gioventù dei primi anni del dopoguerra.

 

Dopo alcune stagioni assieme col fratello nella compagnia di  Eduardo, Carlo sente la necessità  di conoscere altro, di visitare altri Autori, di approfondire il suo mestiere di attore.

Era fame quella di Carlo, fame di parole, di testi da recitare, di Autori da esplorare, studiare, personaggi da capire, conoscere, frequentare, portare a vivere sul palcoscenico.

Eduardo incoraggia queste aspirazioni ai grandi teatri, alla drammaturgia in lingua.

 

E così  Carlo lascia Napoli e approda a Roma, saranno gli anni dell’Accademia di Arte Drammatica, la conoscenza con altri grandi, grandi attori, grandi registi, grandi Autori, grandi messe in scena.

La lingua e la parola si ripuliscono dalle 'sbavature' dialettali, la lezione di sobrietà già mutuata da Eduardo si perfeziona e si raffina preparando spettacoli con altri registi, con testi di altri Autori.

 

Carlo si inserisce nell’ambiente del teatro romano,

Lo aiutano le amicizie con attori come Gassmann e Mastroianni, inizia a lavorare nei teatri della capitale.

È con la "Compagnia dei giovani"; De Lullo lo dirige, recita accanto a Romolo Valli, Elsa Albani, Rossella Falk. Il repertorio è internazionale, il divo italico Pirandello e poi via via tutti i grandi della drammaturgia tra otto e novecento.

 

Raggiunge una meritata affermazione, il talento unito allo studio ed ad una costante applicazione concretizzano la maturità di un attore grande.

 

In seguito anche il cinema si accorge di lui, ma come per Lando Buzzanca, se ne accorge male, limitatamente all’aspetto esteriore, all’avvenenza, alla tipologia fisionomica del "maschio italiano".

 

Ad ogni modo numerosi sono i film diretti da nomi prestigiosi della regia italiana e la partecipazione a pellicole di pregio come "Il ferroviere"  di Pietro Germi e il mai dimenticato La ragazza con la pistola" opera di Monicelli che lo aveva individuato come partner di una Monica Vitti nascente star della commedia all’italiana.

L’attenzione di Monicelli nei confronti di Carlo Giuffrè portò il regista ad offrirgli di entrare nel cast di "Amici miei" che però l’attore rifiutò a causa di alcuni particolari nella sceneggiatura.

Ancora per il cinema non si può tacere della partecipazione ad alcuni film notissimi come "Basta guardarla" (1970 ) con una esordiente Mariangela Melato in cui, diretto da Luciano Salce scolpisce con il suo Silver Boy un personaggio a tutto tondo.

"Son contento" del 1983 con Francesco Nuti per cui Giuffrè ha ottenuto il David di Donatello come attore non protagonista, premio che aveva mancato l’anno precedente con "La pelle"per la regia di Liliana Cavani.

Ancora è da ricordare il Geppetto nel "Pinocchio" girato nel 2002 da Roberto Benigni.

 

Dopo le otto stagioni teatrali con la "Compagnia dei giovani", alcuni film , lavori diversi per la tv; Carlo ed Aldo si ritrovano per un fortunato decennio di teatro fortissimo e vario: da Eduardo alle farse ottocentesche ad improbabili riletture di testi in costume.

 

Di sé e del fratello Aldo dice: "Io e mio fratello siamo indissolubili, non io Carlo e lui Aldo, siamo solo i Giuffrè, i fratelli Giuffrè, un unicum".

Ricorda ancora Carlo un episodio che cementò il sentimento e la profonda unità tra i due: "Nel 1944 rialzandomi dalle macerie di un bombardamento, nell’aria polverosa avvistai Aldo, ci abbracciammo trovando consolazione nell’essere insieme".

 

Ancora è l’ attore che ci dice : "I miei maestri all’accademia e nei teatri mi hanno insegnato a 'fagocitare'  il personaggio, ad introiettarlo fino a che questo possa uscire, parlare attraverso il mio corpo, sulle tavole del palcoscenico, vivo del mio sangue."

 

La popolarità di Carlo Giuffrè è in questo momento, e siamo nel decennio degli anni settanta del Novecento, grandissima, ha lavorato nei teatri di tutte le maggiori città italiane, allora le compagnie si fermavano due settimane in ogni "piazza", non come ora.

I tanti film, il lavoro pregevole in televisione dove si lavorava diretti da grandi registi in compagnie che raccoglievano il fior fiore degli attori italiani, non i più raccomandati o tesserati, i più bravi in assoluto, anche per i ruoli minori.

Questa popolarità ed anche il suo modo speciale di porsi come uomo e come attore con ironica e semplice nonchalance, disinvolta discrezione, allegria corretta, intelligenza elegantemente porta gli aprono le porte del Teatro Ariston di Sanremo per la conduzione del Festival nel 1971.

 

La totale dedizione di una lunga vita all’arte della recitazione ed al Teatro per Carlo Giuffrè  hanno costituito un  arricchimento umano, grazie alle tante vite da lui vissute interpretando i molteplici personaggi a cui ha dato vita.

 

Già nel decennale sodalizio col fratello i due avevano nuovamente affrontato un repertorio partenopeo che partendo dalle farse scarpettiane approdava al teatro moderno di Eduardo ed alle opere di Armando Curcio  nel contempo farsesche eppur intrise di un realismo aberrato non lontano da quello di Pirandello.

 

Memorabili rimangono le interpretazioni de "I casi sono due" di Armando Curcio dove Carlo ed il fratello gareggiavano in bravura nei due ruoli maschili, quelli che erano stati dei due De Filippo, il barone Ottavio e l’infingardo cuoco.

Medesima gara di bravura su differenti registri per Carlo e Aldo negli allestimenti di "Natale in casa Cupiello" capolavoro Eduardiano in cui al registro lunare ed innocente del padre interpretato da Carlo si contrappone quello caparbio, malizioso e ribelle del figlio interpretato da Aldo.

Infine il decennale sodalizio si scioglie, Aldo si dedica ad interessi più personali, soprattutto la scrittura e Carlo inizia una nuova galoppata di allestimenti teatrali su testi di grandi Autori prevalentemente partenopei.

Tra l’altro mette in scena "Le voci di dentro", "Napoli milionaria", "Non ti pago", "Il Sindaco del Rione Sanità".

 

Ancora in anni recenti Carlo Giuffrè si è misurato con un nuovo testo ed un nuovo regista ed anche questo impegno ha visto un personaggio che usciva libero sulle tavole del palcoscenico grazie alla voce e al corpo di un attore che ha saputo sempre stare un passo indietro ai personaggi, alle loro storie, alla fantasia ed al messaggio di un Autore che necessita, per comunicare col pubblico, di un Attore altrettanto grande quanto il suo testo.

Quest’ultima prova attoriale lo ha visto nella trasposizione teatrale della storia di Schindler, il ricordo e la testimonianza di un Giusto.

Anche quest’ultima vita ci è stata porta sulle tavole del palcoscenico da Carlo Giuffrè in "punta di piedi" con quelle stesse semplicità e discrezione con cui oggi ci ha lasciato, senza clamori col suo sorriso intelligente ed ironico.


Firenze, 1º Novembre 2018             
Emanuela Catalano
www.artemanuela.it

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