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Scaramanzia napoletana


Abbiamo ricevuto questa lettera, a titolo Scaramanzia napoletana, da una nostra amica. Ve la proponiamo integralmente.



Cari amici di Quicampania,
so bene quanti di voi seguano il Napoli con entusiasmo e affetto, ma voglio mettere tutti in guardia da alcune possibili conseguenze quasi "patologiche" di questa passione.
Mi presento: sono Maria, una vostra affezionata lettrice. Sono sposata felicemente, ormai da venticinque anni, con Stefano; ho due bei ragazzoni, Sandro e Michele, rispettivamente di ventitré e venti anni. Non lo dico per vanagloria, ma perché ha rilevanza ai fini del mio racconto, sono orgogliosa dei miei tre uomini: mio marito, Stefano, è docente universitario di cardiologia, mentre i miei due ragazzi collezionano all'Università tanti trenta e trenta e lode. Questi tre simpatici tipetti quando si riuniscono per vedere in TV la partita del Napoli, danno luogo ad una trasformazione degna del Dott. Jeckyll in Mister Hyde. Il professore, lo scienziato, diventa un'autentica belva: parolacce, urla, gestacci incredibili con qualsiasi parte del corpo. I due studiosi, non sono da meno: nel salotto dove assistono alla partita, fanno volare via cuscini, suppellettili, arrivano a spostare finanche mobili quando le cose vanno male!
Ai tre energumeni si aggiunge un ospite, Marco, amico di mio marito; Marco è un informatico, laureato in Matematica: in poche parole il trionfo della razionalità e della logica; lo dovreste vedere in azione con i miei tre animali domestici!
C'è una cosa però che non riesco a buttar giù: la loro scaramanzia. I quattro hanno i loro riti: ad esempio, si siedono sempre agli stessi posti; se la partita non va bene il professore, lo scienziato, ordina: "Cambio modulo!" e i quattro, rifacendosi un po' ai movimenti del borbonico Facite Ammuina, danno luogo a strani spostamenti: chi stava a sinistra si sposta a destra, chi a destra va a sinistra, e così via: il tutto realizzato in un attimo, come se avessero provato la scenografia durante tutta la settimana.
Una volta, durante un "Cambio modulo", mio marito, il professore, si è ritrovato con il sedere per terra; il Napoli in quel momento ha segnato e per ben tre partite è stato costretto a seguire la partita in quella posizione.
L'ospite, l'informatico, deve poi necessariamente arrivare a casa nostra tra il secondo e il quinto minuto del primo tempo; sono ammessi, al più, un paio di minuti di tolleranza. Una volta bussò al citofono mentre la partita era ormai al quindicesimo: i tre animali di casa non si mossero per aprirgli la porta e, cosa ancor più singolare, lui non ribussò perché aveva mangiato la foglia.
Queste le premesse.
Domenica 19 dicembre 2010; i quattro animali stavano vedendo la partita (NDR: la nostra amica Maria non sa che in quel giorno il Napoli ha giocato una delle partite più emozionanti della sua storia: Napoli - Lecce; sullo 0-0, al novantesimo, Grava salvò con una magia la nostra porta e sul contropiede Matador Cavani realizzò un goal strepitoso); a un certo punto mi sono ricordata di non aver ancora "fatto" l'albero di Natale; non ci tengo molto, ma la tradizione va rispettata ed eravamo ormai quasi a Natale. Prendo dall'armadio l'albero sintetico, non molto grande, circa un metro di altezza, prendo gli accessori (palline e luci), entro nel salotto, dove gli animali stanno seguendo la partita e incomincio ad addobbare l'albero. A un certo punto li sento gridare, mi giro, e vedo il professore, lo scienziato, che si dà a una serie ripetuta e sconcia di gesti italici. Sono tutti e quattro in piedi. Non mi meraviglio più di tanto. Riprendo a preparare l'albero e stavo collocando al posto giusto la pallina più bella a mia disposizione quando succede qualcosa: mi giro e vedo i tre animali domestici, lo scienziato e i due studiosi, che rotolano avvinghiati per terra; il logico, l'informatico, senza dire nulla, apre la porta di casa e sale di corsa le scale del condominio emettendo un lungo urlo bestiale. Saprò dopo che il matematico, che nei momenti di lucidità corre anche maratone, aveva salito di corsa cinque piani di scale, fermandosi al settimo per abbracciare una condomina  di 70 anni che stava uscendo in quel momento  di casa. 
Si ricompone il quartetto, mentre io riprendo a preparare l'albero.
La partita finisce dopo poco e a questo punto mi sento osservata: mi giro e noto che mi stanno fissando con intensità; il professore, l'uomo di scienze, con un tono e una determinazione che non conoscevo, mi dice: "Dalla prossima partita sino alla fine del campionato, tu farai l'albero di Natale! Luci comprese!". 
A casa mia, da venticinque anni, ho sempre comandato io e il professore ha sempre eseguito le mie disposizioni: ebbene, quell'ordine era così chiaro e perentorio da non consentire repliche o esitazioni. D'altronde anche miei due figli, gli studiosi, avevano uno sguardo deciso e cattivo, mentre Marco, il matematico, tenne a precisare: "Maria, a stretto rigor di logica, Stefano ha mille volte ragione! Non puoi tirarti indietro.".
Per cinque mesi sono stata costretta a tirare fuori dall'armadio, ogni sette giorni, l'albero e ad addobbarlo di tutto punto. Luci comprese. Cosa ancor più seccante, sono stata costretta ogni sette giorni a riporre poi il tutto nell'armadio.
Maria
P.S. Ho avuto la mia vendetta. Ad aprile mi sono beccata l'influenza, ne ho accentuato i sintomi e il professore, ricordandosi del giuramento di Ippocrate, mi ha esentato per una volta dalla preparazione dell'albero. Ho saputo poi che si è giocato Napoli-Udinese…  

 

 

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