Per Friedrich Nietzsche, la possibilità d'un viaggio in
Italia si delineò nell'estate del 1876. L'occasione
fu l'invito rivoltogli da Malwida von Meysenbug,
antesignana del movimento di emancipazione femminile e
ammiratrice di Wagner fin dal tempo in cui questi coltivava
idee socialiste, che aveva stabilito la sua residenza a Roma
e vi frequentava i salotti dell'aristocrazia.
La realizzazione dell'idea era favorita dalle precarie
condizioni di salute in cui versava il trentaduenne professore
di filologia classica dell'università di Basilea, in
ragione delle quali, le autorità accademiche, gli concessero
un anno di congedo retribuito.
In quegli anni, infatti, Nietzsche aveva dovuto subire il
tormento crescente e incontenibile di lancinanti emicranie
e gravi annebbiamenti della vista, precoci segni della
malattia che per il resto della vita gli sarebbe stata compagna
sempre più fedele e possessiva.
Il desiderio di sfuggire alle sue sofferenze si converte
nell'illusoria speranza che il Sud possa donargli la guarigione.
Ma non è soltanto il malessere fisico a spingere verso
l'Italia l'inquieto professore. Il 1876 è l'anno
dell'«immensa delusione», l'amara constatazione che il
suo percorso diverge nettamente da quello di Richard
Wagner e che l'ossequiato Maestro gli è lontanissimo
sotto il profilo del temperamento e del gusto.
…
Quando dunque Malwida, in quei giorni di fragore e turbamento,
gli parla di Napoli, Nietzsche sente di dover soddisfare
anche con un distacco fisico la sua ansia di cambiamento.
…
Il mare lo vede per la prima volta a
Genova, nell'ottobre del 1876; e il mare
per lui è il Mediterraneo, il pelago omerico
che gli si presenta coi ripidi, aspri
promontori della costa ligure; non appartiene
invece a questa immagine mentale
l'Adriatico, con Venezia (cui pure dedicherà
parole fra le più belle che questa
città abbia ispirato) centro d'un turismo
mondano e d'alto bordo, che anche
Wagner si degna spesso di onorare.
Da Genova Nietzsche prosegue via
mare per Napoli.
Affronta il viaggio con grande apertura mentale, autentica
disponibilità non soltanto ad apprendere e a conoscere,
ma piuttosto a cogliere dentro di sé gli echi e le energie
nuove che il contatto con la natura mediterranea
suscita e risveglia. Assai diversa è la sua disposizione
d'animo rispetto al grande connazionale, Goethe, che
novant'anni prima si era cimentato nel classico Tour,
osservatore attento e riflessivo, in cui i momenti di sincero
coinvolgimento sono anch'essi sottoposti a oggettiva
meditazione e ad analisi comparativa, al fine di arricchire
e approfondire una visione del mondo e dei costumi fortemente
caratterizzata dalla cultura di provenienza.
In Nietzsche il viaggio è invece una vera traversata,
un'occasione di rinnovamento esistenziale, di liberazione
emotiva.
...
Ed era del tutto naturale che la sua bussola indicasse il
Sud. Lo lasciavano presagire l'appassionata inclinazione
per gli studi classici e l'uso audace della filologia come
strumento per aprire un canale di collegamento col giacimento
spirituale della civiltà ellenica, la cui estensione e
il cui significato seppe scrutare con un' afflato innovatore
che non poteva essergli perdonato dalla pigra congrega
dei professori.
Il sole della Magna Grecia fu in effetti per lui più che
una fonte di benessere, una rivelazione. Gli parve che
una cortina di nebbia si dissolvesse, consentendo ai suoi
occhi stanchi uno sguardo vivido e nuovo non tanto su
un panorama, quanto su un paesaggio interiore.
Di un'escursione
in carrozza lungo la costa, con «maestose nubi temporalesche» sul Vesuvio e la città che brillava «come se
fosse fatta d'oro puro», Malwida von Meysenbug scrive
alla figlia Olga, aggiungendo: «Era così meraviglioso che
i signori erano ebbri di piacere. Non ho mai visto
Nietzsche così vivace. Rideva dalla gioia».
Ritornando col pensiero a quell'esperienza, così scriveva
Nietzsche nell'autunno del 1881: «Non sono abbastanza
forte per il nord: là imperversano
gli spiriti pedanti ed artefatti, che non
sanno fare altro che lavorare alle norme
della convenienza, come il castoro alla
sua costruzione. Ho vissuto tutta la mia
gioventù fra gente simile! Mi è venuto in
mente all'improvviso, mentre per la
prima volta vedevo il cielo grigio e
rosso della sera scendere su Napoli - un
brivido di compassione per me stesso,
l'idea di cominciare a vivere da vecchio,
e lacrime, e, all'ultimo istante, la sensazione
di essere ancora in tempo per salvarmi
».
Fino a che punto, a Napoli, Friedrich
Nietzsche si lasci permeare dallo spirito
del luogo è confermato dalla singolare circostanza che,
nel 1882, egli porrà come premessa al quarto libro de La
Gaia Scienza un estatico componimento poetico dedicato
a Sanctus Januarius.
In effetti, durante quei giorni luminosi, e specialmente
sotto il sole primaverile di Sorrento, Nietzsche progetta
di riorganizzare la sua vita, riconosce negli impegni universitari
a Basilea una fonte di indebolimento per il suo
organismo, già di per sé predisposto alle malattie, si
ripromette di allontanarsi dall'ambiente wagneriano, in
cui vede addirittura un ulteriore pericolo per la sua salute,
e discorre con Malwida di progetti matrimoniali, passando
in rassegna le ipotetiche candidate.
Si tratterà di sogni ad occhi aperti, fantasticherie senza
costrutto, dissolte brutalmente dall'incalzare della malattia.
Ma non solo questi frutti daranno i mesi «mediterranei
» del filosofo. Egli fissa infatti su carta, con una chiarezza
finora sconosciuta, i pensieri che più tardi saranno
raccolti sotto il titolo Umano, troppo umano, il cui sottotitolo
è Un libro per spiriti liberi.
Probabilmente è il viaggio in Italia ad alimentare ed
acuire i penetranti e severi giudizi critici sulla mentalità
germanica, che compaiono copiosi nelle opere posteriori
dell'autore. E' ovviamente azzardato far risalire al primo
soggiorno italiano di Nietzsche linee di pensiero che si
andranno affermando nei suoi lavori successivi; è però
certamente significativo che la sua visione del mondo
presenti sempre maggiori punti di contatto, consonanze,
affinità con quella che. generalizzando, può essere definita
la mentalità «meridionale», la quale a sua volta rivela,
com'è noto, radici elleniche più volte illustrate.
I
taglienti aforismi che egli dedica al lavoro, ad esempio.
avrebbero destato, nel Mezzogiorno d'Europa, molto
meno scandalo di quanto siano tutt'ora idonei a suscitare
in territori ove, come rilevava Goethe in una delle sue
lettere da Napoli, la necessità, dettata dall'inclemenza
del clima, di sacrificare al lavoro le giornate più amene
conduceva inevitabilmente a considerare l'ozio e la contemplazione
come disvalori.
Nulla di più lontano dalla visione nietzscheana, peraltro
schiettamente autobiografica: il lavoro ha sull'uomo un
effetto deprimente, lo distoglie dal suo cammino, sfigura il
suo volto, lo spoglia della sua natura, distrugge in lui l'attitudine a cogliere il bello, lo costringe a entrare in un
ciclo di dolore, lo rende una caricatura di se stesso; mentre
ogni cultura più eletta ha origine dal «non lavoro».
Si pensi poi al paradosso, che per Nietzsche è spietato
strumento di verità e che spesso suscita disappunto o
imbarazzo fra i popoli del Nord, laddove per l'uomo del
Sud è onnipresente condimento sia delle facezie, sia
delle riflessioni sui massimi sistemi.
Altro aspetto importante è la maggior disinvoltura e
indulgenza con la quale i popoli del Meridione considerano
le passioni e gli istinti, adottando pratiche individuali
e collettive dirette a dar loro sporadica soddisfazione
senza eccessivi turbamenti per l'ordine familiare e
sociale. Si tratta sostanzialmente di quella capacità, che
egli ammirava negli antichi Greci, di «accordare uno
sfogo moderato a ciò che era cattivo e pericoloso, animalesco
e retrogrado, altrettanto che al barbaro, al pre-greco
e all'asiatico, che ancora vivevano in fondo alla
natura greca».
L'esperienza italiana gli dimostra in particolare che il
cattolicesimo non ha impedito al fiume sotterraneo delle
pulsioni primigenie di trovare ampi sbocchi nella vita
sociale, ed è naturale osservare come questa constatazione
abbia potuto corroborare la severa critica che egli,
figlio d'un pastore luterano, muove alla Riforma: d'aver
rappresentato un imperdonabile passo indietro della storia,
un oscuramento della luce del Rinascimento, un
«abbruttimento del clero», la rottura dell'«armonia di
figura, spirito e compito», la rinuncia alle mete più alte
che si sarebbero potute raggiungere.
Rifiutando il cilicio del Protestantesimo, il Sud era
rimasto punto cardinale di riferimento degli spiriti liberi,
e il pensatore non avrebbe cessato di cantarne le lodi
nella sua successiva opera.
Il primo soggiorno italiano, proseguito a Sorrento per
cinque mesi dopo la partenza di Wagner e della sua corte
(accolta con sollievo da Nietzsche), terminò ai primi di
maggio, quando sotto gli occhi di Malwida, in un pomeriggio
meraviglioso, la nave puntò lentamente verso
Capri per poi sparire lentamente all'orizzonte.
Il sole del Golfo non gli aveva però donato la sperata
guarigione fisica. Provato da altri anni di sofferenza e
continuando a inseguire il fantasma dell'antico Maestro
ormai rinnegato, colui che i compagni di studi chiamavano
«il Greco», volle rivedere il Sud d'Italia nel 1882,
stabilendosi stavolta a Messina, che ridestò il suo entusiasmo
e la sua convinzione d'essere sino ad allora vissuto
in luoghi che non gli si confacevano.
La nuova discesa nel Mezzogiorno fu troncata da
un'improvvisa evoluzione delle sue vicende personali: a
Roma stava per cominciare la sua tormentosa storia sentimentale
con Lou von Salomé, cui sarebbe seguita la
rovinosa caduta nella follia.
Così questo gigante del pensiero, questo gentiluomo
venuto da lontano ha stabilito con le nostre terre dal
dolce clima un rapporto armonioso e profondo, in un'atmosfera
di feconda serenità che ha favorito le ardite sintesi
concettuali cui era impegnato.
Di questo le nostre
genti possono nutrire legittimo orgoglio; ma ancor più ci
piace coltivare il pensiero che, in una vita segnata dal
dolore, un uomo mite e generoso, la cui amabilità non è
stata mai affievolita dall'incomprensione dei tempi,
abbia trovato in questi luoghi qualche momento di gioia.