La Pedamentina
di
Antonio La Gala
La più antica fra le
Salite, il più antico collegamento diretto di una certa rilevanza fra la Napoli storica con la sommità della collina vomerese, è la
Pedamentina, che inizia da Corso Vittorio Emanuele, dalle parti dell'Ospedale militare, per sbucare nel piazzale di San Martino.
In epoca angioina veniva utilizzata per il trasporto di materiali e persone impegnati nella costruzione della Certosa; nel Cinquecento fu poi migliorata per il rifacimento del forte di Santelmo e per l’uso delle guarnigioni spagnole di stanza nel castello.
La prima rampa discendente della Pedamentina
(foto Antonio La Gala)
La sua denominazione è vicina a
pedemontana, cioè a pié del monte, ma può anche significare strada da percorrere con le pedamenta, cioè con i piedi.
Lo sbocco superiore nel Piazzale di San Martino risale al 1930, quando fu sistemato il Piazzale.
Scavata nel tufo, la Pedamentina è punteggiata da vecchie costruzioni rimaneggiate ed è affiancata, nella parte sottostante la Certosa, dalle “vigne” dei monaci.
Alla fine della prima rampa discendente della Pedamentina, a fronte della rampa, si vede un piccolo e vecchissimo portale. Esso era l'ingresso nella Certosa per i muli che nei secoli scorsi si arrampicavano per la Pedamentina per portare i rifornimenti di viveri e di altro ai monaci.
Continuando a scendere, circa a metà percorso, sulla sinistra si apre il "
Vico Pedamentina a San Martino", in cui si succedono, quasi del tutto abbandonate e diroccate, vecchie abitazioni. Un bel portale di una "Villa Angrisani e Amelia", è contrassegnato da un' antica piastrella, interessante per il suo contenuto di cifre e numeri, il cui significato, forse anche esoterico, ci sfugge.
Il vicolo prosegue con tornanti a mezza costa, affacciato su un panorama di bellezza incredibile, ma risulta interrotto ed invaso da cumuli di immondizie stratificate.
La visione del panorama è poi offesa dalla presenza oscena di uno scatolone abitativo del secondo Novecento. Oltre lo sbarramento di immondizie pare ci sia, o c'era, una chiesetta, forse quella "Cappella di San Martino" di cui c'è traccia in qualche vecchia guida.
Se il percorso fosse mantenuto in normali condizioni di percorribilità (e non si temessero pessimi incontri), esso costituirebbe non un’avventura da esploratore ma una strada panoramica turistica di suggestione unica.
La salita ispirò queste parole a Francesco De Sanctis:
“
Salgo e salgo; avevo il fiato grosso e mi fermai alla terza rampa, dove era un bel giardino. Mi si apriva innanzi la vista di mezza Napoli: case addossate a case, di mezzo a cui spiccavano cupole e campanili. Alzai il capo e non mi parve mai così bello quel vivo, limpido azzurro del cielo”.