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Ricciardi e l'imbarazzo della verità



Vi proponiamo un interessante articolo, scritto per noi da Fulvio Scaglione, vice direttore di Famiglia Cristiana. Tra i suoi molteplici interessi, nutre una vera e propria passione per il mondo dei romanzi gialli; ha creato da poco su Facebook, per tutti gli amanti del genere, la pagina Brividi Gialli, i cui amici possono contare su puntuali aggiornamenti sulle novità del settore.




Ricciardi e l'imbarazzo della verità



Si può dirlo in tanti modi. Il più semplice e sbrigativo è: quando ha inventato il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, nato giusto nel 1900, commissario che non porta mai il cappello, Maurizio Di Giovanni ha avuto un colpo letterario di genio. Non perché manchino, nel panorama della letteratura italiana in generale e della giallistica in particolare, commissari di una certa efficacia e di molto fascino, a partire dal Montalbano di Camilleri.
La genialità ricciardiana sta nel Fatto, il terribile dono che il commissario ricevette, o scoprì, ancora ragazzo: la capacità di vedere e sentire “l’estrema emozione, l’energia improvvisa dell’ultimo pensiero” dei morti di morte violenta, com’è detto in Il senso del dolore – L’inverno del commissario Ricciardi. Teoricamente un dono per un poliziotto che va a caccia di reati e di colpevoli. Nella realtà una maledizione.
Ma Ricciardi a ben vedere non risolve alcun delitto grazie al Fatto. Perché il Fatto non è un dito indice puntato contro l’assassino e la verità che gli indica non è giudiziaria. Il Fatto è piuttosto un faro che s’accende all’improvviso sulla verità emotiva degli uomini, che mai si rivela con tanta intensità come nel momento di una morte inattesa. E che, poiché la morte violenta è in qualche modo sempre plurale, collettiva, implica cioè una partecipazione altrui, finisce per mettere sotto la luce accecante di un flash anche una famiglia, un gruppo, un ambiente. Come nelle vecchie foto di cronaca in bianco e nero, con i bordi dell’inquadratura leggermente sfrangiati e, al centro, tutti i particolari in rilievo.
Quello che il commissario riesce infallibilmente a scorgere è il non detto delle relazioni sociali. Quel tanto o poco che viene scopato sotto il tappeto per urgenza, conformismo, paura, necessità. La faccia impresentabile di un’altrimenti bella famiglia, l’attacco di ferocia di una persona distinta, la povertà assassina nascosta  nei vicoli, e così via. E così se ne va per Napoli, a testa sempre scoperta, il commissario Ricciardi. Carico del dolore del mondo, che il Fatto s’impegna a rivelare a lui solo, e intanto costretto a cercare un uomo o una donna che di una piccola parte do quel dolore è stato artefice. Un poliziotto che sa tutto ma può fare una sola piccola cosa: acchiappare il colpevole.


Fulvio Scaglione


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