Il prevalente carattere maschile della canzone napoletana
Lo spartito di Reginella
La storia della canzone napoletana è fortemente legata a interpreti maschili, questo perché -a ben riflettere- quasi tutto il repertorio napoletano, classico e non, è "al maschile".
Ci sono dei pezzi descrittivi e altri dove l'espressione amorosa è generica, potendo essere al maschile o al femminile; nell'assoluta maggioranza dei casi, però, il protagonista maschile è indiscutibile, essendo presente già nel titolo (Marinariello, O' Surdato 'nammurato, Pescatore e' Pusilleco) o facendo esplicito riferimento a una figura femminile ben determinata, spesso dotata anche di nome proprio o soprannome (Maria, Carmela, Caterina, Reginella).
Altre volte è la situazione descritta nella canzone ad avere fortissime connotazioni maschili, come in Guapparia, Serenata e Pulicenella, Emigrante; anche quando il testo sembra generico, inoltre, avviene che compaia un complimento, un commento personale che non potremmo concepire se non da maschio a femmina, visto che sarebbe bislacco sentire una ragazza che esalta la boccuccia o i fluenti capelli del suo amato.
Insomma, una canzone "al maschile" vuole interpreti maschili; certo, ci sono state –e ci sono tuttora- splendide interpreti femminili di canzoni napoletane, ma rimane sempre una forzatura logica sentire una donna cantare Malafemmena o Oi'Marì.
Non si dispiacciano le donne di questa mia affermazione e, anzi, tengano presente un aspetto che forse non è mai stato sottolineato: la canzone napoletana è alquanto misogina!
Lo spartito di Malafemmina
Poche volte la donna è presentata come un'entità umanamente affettuosa e benevola; il più delle volte è, invece, o "angelicata" o "diabolica" (fanno eccezione le donne di Viviani, che però vanno considerate nel loro contesto teatrale).
Va aggiunto che, nella produzione relativamente più recente, la negatività si è molto attenuata: non troviamo più donne cattivissime (a parte la Malafemmena di Totò) e, inoltre, molti testi sono diplomaticamente "unisex" (Indifferentemente, Tu si' na cosa grande, Me chiamm' ammore).
Un discorso a parte meriterebbe –e meriterà- il repertorio ancora più recente, il cosiddetto "neomelodico". Ne parlerò in un'altra occasione; nel prossimo articolo tornerò agli interpreti maschili della canzone napoletana per tentare di catalogarne i principali approcci stilistici.
a cura di
Giancarlo Sanduzzi