Vi proponiamo un racconto di Dino Simonelli tratto dal suo libro Napoli ...sempre.
Buona lettura!
La vecchia salì alla fermata di via Luca Giordano.
“Scusate, abbiate un poco di pazienza, debbo salire piano piano; sapete, tengo la cervicale; io, poi, c’ho pure novantuno anni; per la verità non li ho compiuti ancora, ma comunque sempre più di novanta sono!”.
Un ipocrita sorriso di circostanza nascose l’impulso omicida che, a queste parole, era scoppiato nella testa di Dino.
“Ma senti questa vecchia brutta e maledetta. Ti odio! La cervicale! Io sono una gioia di guaglione e non mi posso muovere per i dolori che tengo, e questa si lamenta della cervicale! Sono cose da pazzi!”.
Dino, per la verità, proprio ragazzo non era, ma come si dice?, ognuno c’ha gli anni che si sente. E lui se ne sentiva…vabbé lasciamo stare…
All’altezza di Piazzetta Aniello Falcone, come ogni mattina, nel C28 si aprì il salotto.
“Novantuno anni? Altri cento, auguri!”.
“Mamma mia, come ve li portate bene!”
“Io c’ho mia madre che pure lei di anni ne tiene novantasei e sta una bellezza!”. E un altro: “Pensate che mia suocera è morta a centosei anni; quella fece diciotto figli, dodici vivi; eh, proprio il mese scorso, salute a noi, ho perso una cognata”.
“Mi dispiace, e come è morta?”
“E che vi debbo dire, la poverella si è consumata come una candela”.
“Io mo’ c’ho una figlia, la più grossa, che non sta tanto bene; quella la ebbi che ero pure io ‘na criatura. Era il “43”.
“Pure mio figlio è del “43, mamma mia, che brutto momento scelsero per nascere ‘sti figli nuoste!”
”E come no!, so’ nati sotto i bombardamenti, e chi se li scorda!, mentre stavi mangiando un poco di fetenzia, piglia e corri dentro al ricovero; vi ricordate? stavamo un poco quieti solo quando arrivavano gli aeroplani inglesi: quelli giravano, giravano e tanto bombardavano quando avevano trovato il bersaglio.”
“E’ vero, quello il guaio erano gli americani che scaricavano dove capitava capitava. Pensate che io abitavo sopra ai Quartieri, a Trinità degli Spagnoli; figuratevi il Porto com’era vicino! Mi ricordo ancora quando, due vicoli più sopra di noi, fu colpito in pieno proprio un ricovero. Povera gente! Quanti morti ci furono!”.
“No, la famiglia nostra era di Via Tasso”, la punta di snobismo non era del tutto mascherata, “ma pure là si tremava di paura, e come! Anche se, per la verità, si può dire che Via Tasso è più scassata ora…”
I racconti scorrevano più veloci del traffico.
Al Corso Vittorio Emanuele si era fatto il Luglio del “43.
“Quello, mio marito, era andato a chiamare la levatrice quando sentì che Mussolini era stato arrestato; mi ricordo che tornò a casa senza il distintivo del partito: per sicurezza l’aveva buttato in una saittella – che cos’è la saittella? Ma voi di dove siete? E’, come la chiamate voi?, la grata di scolo delle acque piovane, quella insomma. Ma perché, scusate, voi non la chiamate saittella? –“
“Fece bene, fece bene vostro marito, e, per forza, quello doveva pensare alla famiglia!”.
“Però la tessera la conservò e meno male! Perché è quella che lo salvò una volta che lo fermarono i Tedeschi.”
Al Parco Margherita era passata l’estate: da luglio eravamo passati a settembre.
“E ve lo ricordate l’8 settembre? I tedeschi sfilarono tutti quanti per via Roma, da sopra ai camion sventolavano i fazzoletti rossi, erano i carristi; sorridevano contenti perché pensavano che la guerra era finita anche per loro. Poveri figli di mamma pure loro! E poi…il giorno dopo da sopra al Banco di Napoli spararono a un tenente che passava con la motocarrozzetta; rimase a terra tutta la mattina. Mamma mia che abbiamo passato in quelle giornate!”
“E’ ‘o vero, non si capì più niente! Si vedettero le pistole in mano pure a e’creature!”
L’autista un po’ per il traffico, un po’ perché non voleva perdersi la lezione di storia fatta in casa, aveva optato per un andamento lento.
“Ma, dico io, quelli se ne stavano andando, che bisogno c’era di provocarli in quel modo! E non si sa che quelli, i Tedeschi, quando si incazzano, scusate la parola…”
”E me lo dite a me! Quello se non era per la buonanima di mio marito, che mi tirò da fuori al balcone, già mi avevano sparato! E chi se lo scorda più quel periodo!”
”finirono i bombardamenti alleati e arrivarono le bombe tedesche; e meno male che il comandante tedesco, come si chiamava, Scholl?, me lo ricordo perché teneva il nome di un callifugo, meno male che non fece saltare tutta Napoli per aria! Ma quello già aveva preparato tutto.”
“A proposito, ma ve lo ricordate quando scoppiò la nave nel porto?”
“E come no! Non si è mai saputo come fu. Mi ricordo che era di domenica. Io tanto tanto stavo facendo un poco di mangiare!
Fu peggio di un bombardamento.”
“E per forza! Quella era piena di munizioni. Dissero che fu una fatalità. Sì, una fatalità!”
“Morì gente per tutta Napoli, vi ricordate? Fino a chilometri di distanza; pensate che a Posillipo, io c’avevo degli zii che abitavano là - tenevano una bella casa, e per forza! quelli stavano bene, erano commercianti, tenevano i negozi a Chiaia, vendevano tessuti - perfino a Posillipo si ruppero tutti i vetri e arrivarono schegge e pezzi di lamiera e proprio un pezzo di lamiera tagliò la testa a un fattorino del tram, perché, vi ricordate?, quello il tram arrivava fino a là.”
“E come non me lo ricordo? Noi il tram pigliavamo per andare a mare.”
“E che ne sanno i giovani di quello che abbiamo passato noi!”
I giovani! e, così parlando, la vecchia guardava Dino, il sessantenne Dino che, volentieri, se solo ce l’avesse fatta ad alzare la gamba, l’avrebbe scaraventata giù dal bus con un calcio in petto.
“Ma che sta succedendo, perché girate a destra, questo pullman non va più a Piazza Vittoria?”
“La strada è rotta, ci stanno i lavori, dobbiamo andare per via Caracciolo.” “Avete visto? Allo stesso prezzo vi facciamo fare pure il giro panoramico!”
Insomma, alla Riviera, erano arrivati gli Alleati.
“Che mortificazione! Ma ve lo ricordate che andavano spruzzando DDT da tutte le parti? E quelle scritte Off Limits, che vergogna, io abitavo proprio sopra ai Quartieri, ve l’ho detto!”
”Ma perché non fu un altro schifo il saccheggio dell’Hotel de Londres? A un altro poco gli MP americani dovettero sparare per disperdere tutto chillo popolo zazzaruso, quella folla pidocchiosa che devastava quell’albergo così elegante. Si presero tutto, perfino i parati da vicino al muro!”.
Dovevano raderlo al suolo l’Hotel de Londres, al suolo! così ora non ci stava il TAR! pensò Dino che, evidentemente, doveva avere qualche motivo di antipatia nei confronti dei giudici amministrativi.
“Si, avete detto bene: che mortificazione! Dovemmo vedere i marocchini dentro al Palazzo Reale! Gesù, Gesù, e che combinarono!”
“Però con gli Americani cominciammo a mangiare un’altra volta; quella bella farina bianca bianca… e ve la ricordate la polvere di piselli?”
“E come no, e quant’ era buono il latte in scatola! C’abbiamo cresciuto le creature!”
Pure Dino se lo ricordava il latte in scatola. Era buono veramente.
A Piazza Vittoria erano ormai passati più di due anni e la guerra era finita.
Eravamo al referendum : Repubblica o Monarchia?
L’autista percorse, strategicamente a passo d’uomo, di uomo moscio, gli ultimi metri.
“Io, vi dico la verità, votai per la Monarchia. A me Umberto mi piaceva assai. Quant’era bello e che signore!”
“E’ vero, è vero, era proprio una bella persona, non come chillu fetente do’ figlio!”
” E perché non ve lo ricordate il Duca d’Aosta? Dovete sapere che io tenevo una zia che era sposata con un cavallerizzo della duchessa, che bell’uomo! era tale e quale ad Amedeo Nazzari, il marito di mia zia dico, ma pure il duca era bello; stavano dentro al bosco di Capodimonte e quelli, gli zii miei, abitavano pure loro là, dentro alla reggia.”
”Per carità, era altra gente, non come a ‘sti mariuoli ‘e mo’!”
“Il referendum! Che ‘mbruoglio! Si dice che il Ministro dell’Interno, ve lo ricordate a quel coso brutto di Romita, quello così si chiamava. Li prese dal cassetto i milioni di voti che servivano per far vincere la Repubblica.”
“Gesù e che lo dite a me! Pensate che ci stavo pure io a via Medina quando la Celere, quelli allora erano tutti delinquenti, sparò senza pietà sulla folla che manifestava contro quella schifezza. Questo è un altro fatto che nessuno dice mai: le ragazze e i ragazzi si erano stesi per terra avvolti nelle bandiere tricolori, io me lo ricordo come se fosse mo’. Ci passarono sopra con le autoblindo!” L’anziana signora scosse la testa.. “Se li sono scordati tutti quanti a quei poveri guagliune. E per forza ! Erano eroi di una causa persa!”
Il C 28 era ormai al capolinea.
“Arrivederci, arrivederci, scusate le chiacchiere. Però mi ha fatto piacere parlare un po’, buona giornata!”
“Buona giornata pure a voi, arrivederci!” la vecchia, novantuno anni, parlando parlando saltò agilmente giù dall’autobus.
A Dino l’impulso omicida non ritornò.
Quella vecchia maledetta, con la sua maledetta artrosi cervicale, embé… quella vecchia gli era diventata simpatica.