La figlia dello strazzariedde
La copertina de La figlia dello strazzariedde
La figlia dello strazzariedde è un romanzo di
Dino Simonelli pubblicato nel 2017 (Edizioni Homo scrivens).
Un esperto poliziotto, il vicequestore de Felice, sovrintendente del Commissariato di Posillipo, durante le sue vacanze al mare, fa la conoscenza di Claudia, una graziosa signora di Potenza che, nel parlare di se stessa gli rileva che sua nonna, tal Angiolina Lacetere, era stata protagonista di un famoso caso di cronaca nera negli anni del dopoguerra; fu, infatti, condannata per l'omicidio del marito insieme al suo giovane amante. Claudia non si limita ad accennare a questa storia, ma "urla" la sua sicurezza sull'innocenza della nonna.
Non si sa bene perchè, vuoi per curiosità professionale, vuoi per l'eccezionale dichiarazione di stima della ragazza nei confronti di una nonna mai conosciuta, vuoi per non si sa bene quale altra ragione, ma il nostro poliziotto parte con un suo personalissimo riesame del vecchio caso.
Riesce ad ottenere gli atti del processo e alcuni articoli dei giornali dell'epoca: la rilettura del materiale avviene fuori orario di lavoro, a casa, e coinvolge anche la moglie del nostro vicequestore.
Da spiegare il titolo, ovverosia il soprannome della protagonista della vicenda giudiziaria:
la figlia dello strazzariedde; strazzariedde è, in dialetto, il nome dell'attività condotta dal padre: comprare "strazza", alias panni (o altri beni) per pochi soldi dalle persone in difficoltà. O concedere prestiti ad usura. Nulla di simpatico!
In definitiva, il romanzo si articola sulla rilettura degli atti, sulle arringhe del procuratore e su quelle dei difensori e, soprattutto, sulle reazioni del pubblico: sembra quasi di rivedere qualche scena dei tanti film in bianco e nero degli anni 50-60 dedicati ai processi:
Il Mito di Frine, dove fu creato il termine di
maggiorate fisiche,
Un giorno in pretura o, ancora,
Divorzio all'italiana.
Il protagonista assoluto della storia processuale è il pregiudizio;
la figlia dello strazzariedde è già stata condannata dalla gente prima ancora che il processo inizi. Per tanti motivi: perché è la figlia di un personaggio odiato, un signore che faceva i soldi sulle spalle della povera gente; perché lei è subentrata all'attività paterna ottenendo un ulteriore grande successo; e la cosa è fastidiosa sia perché l'invidia porta ad odiare chi ha fortuna, sia perché al successo è arrivata una donna, una donna emancipata in un contesto arretrato quale quello del profondo Meridione d'Italia negli anni del dopo guerra; è odiata, infine e soprattutto, perchè aveva un amante. Quella donna doveva essere colpevole.
Un romanzo appassionante, caratterizzato dal susseguirsi di tanti temi: l'Italia, o meglio, il Meridione d'Italia in quegli anni in bianco e nero, la assoluta pochezza delle indagini condotte dagli inquirenti dell'epoca, il procuratore interessato a mettersi in mostra presso "la gente" per guadagnare titoli per una possibile carriera politica e ben poco interessato a scoprire la verità, il mutevole ed ondeggiante parere del pubblico in tribunale e tanto altro.
Però l'elemento più bello di tutta la storia è l'amore di questa donna per i suoi sei figli, amore che le consente, una volta espiata la sua pena, di ricostruire la sua famiglia facendosi amare e rispettare da tutti. Ed il segno del rispetto e dell'ammirazione che riesce a conquistare sta proprio nel ricordo della nipote, quel ricordo che all'inizio della storia ha fatto partire il riesame delle carte da parte del poliziotto.
Buona lettura!