Mariangela Cioria ci racconta quali usanze, in passato, fossero collegate alle principali festività dell'anno in una cittadina di montagna dell'Irpinia, Trevico.
Epifania: la sera precedente, si appendevano le calze ai camini per i bambini. Queste devono essere piene di dolciumi vari, soldi, aglio, cipolla, mandarini e carbone.
Carnevale: grandi e piccini durante questo periodo si vestono con abiti stracci e il carnevale è raffigurato da un pupazzo che alla fine della sfilata si brucia. Davanti ad ogni casa si chiedono uova e salsiccia da cucinare e mangiare la sera del martedì grasso. Il tutto è accompagnato da una fisarmonica, sunett', pupizze, canti e balli. Le pietanze caratteristiche sono: frittata con peperoni all'aceto o con salsiccia, pizza di patate, pizza di ricotta, dolce o rustica. La sera per tenere impegnati i bambini si faveca "l'uov' cannarut'", cioè l'uovo sodo. si bendavano i bambini e si metteva una patata sulla "buffetta" (tavolinetto) che doveva essere colpita con una mazza di legno. Chi la colpiva aveva in regalo l'uovo sodo.
S. Giuseppe: per ogni rione del paese si fanno i falò. Si disputano gare appassionate, l'impegno dei ragazzi si vede da chi lo fa più grande e lo sa difendere per accenderlo il più tardi possibile e farlo durare tutta la notte acceso. Nella grande brace si cucinano patate, coniglio al cartoccio e salsiccie accompagnati da canti e preghiere. I vecchietti prima di andare via prendevano la brace del falò, la mettevano in un contenitore di terra cotta e la portavano nel letto, "rind' a lu scarfaliett", per riscaldarlo, soprannominato "lu mon'ch' ndà lu liett'".
Settimana santa: durante la settimana santa, si legano le campane e si sostituisce il loro suono con quello delle "trozzol", battole. Il suono di tali strumenti scandiva le ore e indicava quando era giunto il momento di recarsi a messa. Il venerdì santo si porta in processione il calvario. La processione parte dalla cattedrale, percorre una parte del paese, sostando ad ogni stazione fino a completarne quattordici. Ritornati in chiesa, la statua della Madonna Addolorata, portata a spalle da ragazze vestite di nero, va incontro al calvario e, staccato il Cristo dalla Croce, gli viene adagiato nelle braccia.
Domenica delle Palme: ancora oggi, in alcune famiglie, se un ragazzo è fidanzato si usa portare "la parma a la zita", intendono un regalo più un ramoscello di ulivo benedetto. Dunque la domenica delle Palme si portano in chiesa a benedire ramoscelli di ulivo con mazzetti di fiori, margherite o viole, agghindati con pezzetti di raso colorati.
Pasqua: per la santa Pasqua, l'altare della chiesa viene addobbato da ciotole di grano germogliato soprannominato "lu sabburch". Il primo giorno di quaresima si metteva il grano in ciotole con un poco d'acqua e per abbellirle, si mischiavano al grano anche i legumi. Semi di ceci, di fave, di fagioli per farli germogliare si mettevano al buio, l'ideale era "rind' a lu cascett'", nella panca, e il giovedì santo, prima della Pasqua, si portano in chiesa. La domenica successiva alla Pasqua, i contadini prendevano queste ciotole e andavano a piantare il grano nei loro campi perché portava buoni frutti ed era benedetto. Le massaie invece preparavano taralli dolci e salati, pastarelle, pizze di ricotta e pastiere.