La Basilica di Santa Chiara
In questo bellissimo articolo, Vittorio Paliotti racconta la lunga e tormentata storia della Basilica di Santa Chiara. Ringraziamo Eduardo Vitale, direttore della rivista l'Alfiere, per averci autorizzato a pubblicare questa bella pagina di storia della nostra città.
La Basilica di Santa Chiara:
una Chiesa per gli ultimi re
di Vittorio Paliotti
Si disse e si scrisse, allora, che quel bombardamento,
durato un'ora e venticinque minuti, aveva "cambiato il volto
di Napoli" e che "nulla più sarebbe stato come prima". Era
il 4 agosto 1943, ore 13,45, quando quattrocento fortezze
volanti angloamericane sottoposero Napoli a quello che
risultò essere il novantacinquesimo bombardamento dall'inizio
della guerra.
Vi furono distruzioni in tutte le zone della città e si ebbero
settecento morti, anche perché gli aerei si abbassarono a
mitragliare la gente che, in fuga, tentava di raggiungere i
ricoveri. E non è tutto. Bombe dirompenti e incendiarie furono
sganciate sulla chiesa di santa Chiara che si ridusse a un
cumulo di macerie fiammeggianti. Era la chiesa più cara ai
napoletani, costruita in severo gotico e trasformata nel settecento
in fastoso barocco. Faceva parte di una cittadella
monumentale comprendente anche un campanile, un monastero
di clarisse, un convento di francescani, un chiostro
maiolicato...
La rabbia per quel bombardamento fu enorme, anche perché
sui tetti della chiesa e degli edifici circostanti erano
dipinti, come da accordi internazionali, grandi triangoli bianchi
e neri inseriti in quadrati gialli che avrebbero dovuto
garantirne l'immunità. Passato l'iniziale sgomento ci si interrogò
su come intervenire. Vi fu perfino chi propose di lasciare
quelle macerie senza nemmeno toccarle, come monito alle
future generazioni. Sull'emotività prevalse però la ragione.
Considerato che erano rimaste in piedi parte delle antiche
strutture angioine (quali il pronao, il portale, la facciata, le
mura perimetrali, le mura del coro), fu deciso di procedere al
ripristino della chiesa almeno nell'antico aspetto gotico: le
sovrastrutture barocche, marmi, stucchi e dipinti, erano state
del resto cancellate dalle bombe e ripeterle sarebbe equivalso
ad una falsificazione. Ed ecco che ora la chiesa di santa
Chiara è esattamente come la videro, ai primi del trecento, il
re Roberto d'Angiò e sua moglie Sancia di Maiorca.
La costruzione della Basilica di Santa Chiara
Furono proprio re Roberto e la regina Sancia a ideare quella
chiesa che, ufficialmente, si chiamò "Ostia Santa" o
"Corpo di Cristo", ma che ben presto la gente ribattezzò
"Santa Chiara". I due sovrani angioini vollero, con quella
iniziativa, esternare la loro religiosità ma anche costruirsi un
luogo ove seppellire i defunti della loro dinastia. La regina
Sancia intese inoltre, tramite il convento per le clarisse, assicurarsi
un rifugio per quando sarebbe rimasta vedova.
Venne scelta, per edificare il complesso, una zona prossima
alla campagna e vicina al termine del "decumano inferiore"
della Napoli grecoromana. Iniziati nel 1310, i lavori si
protrassero per trent'anni. La consacrazione della chiesa, a
navata unica secondo il sistema provenzale e in uno stile
gotico sottolineato dalla presenza di trifore e bifore, ebbe
luogo nel 1340. Avevano progettato e diretto le opere gli
architetti Gagliardo Primario, Leonardo Di Vito e Lando Di
Pietro. In genere, l'aspetto della chiesa, in tufo giallo e
piperno bruno, risultò quanto mai severo. Il tetto di piombo,
le capriate sporgenti contribuirono a conferire austerità al
tempio, peraltro vastissimo.
Decisamente sobria anche la parte ornamentale. Sobria,
ma tutt'altro che modesta. Secondo non pochi storici, la trecentesca
chiesa di Santa Chiara fu impreziosita da affreschi
e da dipinti di Giotto. L'allievo di Cimabue, come risulta da
molti documenti, risiedette a Napoli fra il 1326 e il 1333 ed
eseguì sicuramente degli affreschi in due cappelle di Castel
Nuovo.
Per quanto riguarda la chiesa di Santa Chiara, Giotto, a
detta di molti storici dell'arte, compreso Giorgio Vasari,
dipinse in essa parecchie scene del Vecchio e del Nuovo
Testamento. Purtroppo questi dipinti furono, più tardi, a
quanto sembra, ricoperti con uno strato di calce per ordine
del reggente spagnolo don Bernardino Barionovo, geloso di
chi l'aveva preceduto nel governo della città commissionando
tali capolavori.
Nei decenni e nei secoli che seguirono, la chiesa di Santa
Chiara andò a mano a mano arricchendosi. Si può addirittura
sostenere che ogni epoca vi lasciò i suoi segni e che ogni
corrente artistica vi aggiunse un che di nuovo.
La Basilica di Santa Chiara: il barocco
Una pressocché totale trasformazione della Chiesa la si
ebbe verso la metà del Settecento, sotto Carlo di Borbone e
a fornirne lo spunto furono certe lesioni provocate da un terremoto.
Trionfava il barocco, allora. Il severo gotico parve
vecchio, superato, triste, e si pensò a un ammodernamento
per il quale, è il caso di dire, non si badò a spese. Su un progetto
generale di Domenico Antonio Vaccaro, i lavori di rifacimento
ebbero inizio nel 1742: dureranno oltre un ventennio
e saranno proseguiti da Gaetano Buonocore, Giovanni
del Gaiso e Giuseppe Scarola.
La chiesa cambiò letteralmente faccia. L'altare maggiore fu
inscatolato in un grosso parallelepipedo di marmi e pietre
dure. Le trifore e le bifore vennero rimpicciolite e ridotte a
finestroni rettangolari. Gli archi delle diciotto cappelle laterali
furono rivestiti di marmi policromi. Ove possibile furono
installati elementi di ottone dorato. Al di sotto del tetto di
piombo furono realizzati affreschi per mano di Giuseppe
Bonito, Francesco de Mura e Sebastiano Conca. Una pavimentazione
composta di marmi dai vari colori, disegnata da
Ferdinando Fuga, andò a sostituire quella originale costituita,
ormai, da una tetra serie di lapidi. E non basta: un finestrone
venne eliminato e ricoperto con una tela di de Mura
raffigurante "santa Chiara nella gloria eucaristica". Altre due
interpretazioni di de Mura (autentico mattatore pittorico
della rinnovata chiesa), l'una relativa a "santa Chiara che
fuga i saraceni" e l'altra riguardante "Salomone che dirige
l'esecuzione del tempio di Gerusalemme", andarono ad
affrescare settori della volta. Nota di femminismo: i lavori di
trasformazione del chiostro, illeggiadrito da maioliche raffiguranti
i dintorni di Napoli, vennero eseguiti a spese della
regina Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo di
Borbone. Seconda nota di femminismo: tutti i lavori di rammodernamento,
dal 1742 al 1757, ebbero, come sovrintendente,
la monaca Delia Bonito, in un primo tempo "camerlinga",
cioè amministratrice, poi badessa del Monastero.
La Basilica di Santa Chiara: più bella la chiesa barocca o l'angioina?
Più bella la chiesa barocca oppure quella angioina? Le critiche
a quel fasto, forse esagerate, non mancarono. Di certo
rimaneva solo il fatto che il chiostro, tanto magnificamente
maiolicato, era preferibile a quello originale. Sicuramente
più brutto, perché affastellato e frazionato nei locali, risultò
il convento delle clarisse che, del resto, da cento erano
diventate seicento e che, provenendo per lo più da famiglie
patrizie, reclamavano maggiori comodità. E comunque,
dopo queste radicali trasformazioni, Santa Chiara apparve,
ai fedeli e ai visitatori, meno solenne sì, ma sicuramente più
ricca e più in linea con le nuove concezioni artistiche. E tale
anche dovette giudicarla re Carlo: in un locale sotterraneo,
peraltro, verranno sepolti sovrani e principi di casa Borbone.
Tutto sembrava che dovesse filare liscio, per Santa Chiara.
Oh, intendiamoci: non sempre la cittadella religiosa era
rimasta estranea a fatti d'arme: nel 1647-48, sul campanile
furono piazzate, dagli spagnoli, pesanti artiglierie nel tentativo
di soffocare la rivolta capeggiata da Masaniello.
Il bombardamento del 1943 e la ricostruzione
Ma nel
1943 accadde qualcosa di inimmaginabile. Il bombardamento
terroristico del 4 agosto distrasse nella sua globalità, per
quanto riguarda la chiesa, tutto ciò che era stato realizzato
nel Settecento lasciando in piedi (si fa per dire) e non integre
ma almeno recuperabili, talune strutture del Trecento. Fu
appunto su quelle che si basò il lavoro di riedificazione e di
restauro, terminate quelle opere, il 4 agosto 1953 si festeggiò
la riconsacrazione.
Ci si è voluto convincere, dopo il restauro, che la chiesa di
Santa Chiara, così come appare oggi, non solo è identica a
quella che nel Trecento fu edificata da Roberto d'Angiò e da
Sancia di Maiorca, ma che è più bella di quella che fu
distrutta nel 1943 dalle bombe. E chissà, forse è davvero più
bella. O forse no. Ma certamente è più amata di prima.
La Chiesa dei re
Soprattutto da parte dei tradizionalisti, e per un motivo semplicissimo.
In essa, infatti, proprio accanto all'altare, giacciono
i resti di Francesco II e di Maria Sofia. Provenienti
dalla chiesa di Santo Spirito dei Napoletani in Roma, furono
qui traslati il 18 maggio 1984. Come in un estremo lembo di
quelle Due Sicilie su cui avevano brevissimamente regnato.