Il film 47 morto che parla (1950) è tra i non moltissimi film di Totò che potettero contare da subito su una critica favorevole; come riporta il Morandini, i critici parlarono di 47 morto che parla come di un film "ben costruito dalla A alla Z".
Magistrale e memorabile, in questo gustosissimo 47 morto che parla, l'interpretazione da parte di Totò della figura di un avaro.
Probabilmente questa figura di avaro è tra le meglio delineate nella storia del cinema; molto contribuisce a tale successo il ricorso di Totò, in questo 47 morto che parla, all'uso ripetuto del tormentone: e io pago, e io pago!
Anche in un successivo film di Totò ritroveremo un'altra grande interpretazione di un avaro, anzi di un'avaraccia: questa volta l'interprete sarà Titina De Filippo nella parte della moglie ricca e taccagna di Totò in Totò, Peppino e i Fuorilegge.
Il soggetto del film è di Ettore Petrolini.
Vi proponiamo i seguenti argomenti:
Con 47 morto che parla Carlo Ludovico Bragaglia dirige per la sesta ed ultima volta il principe de Curtis.
Il protagonista di 47 morto che parla è il barone Antonio Peletti, un avaro detestato da tutti i suoi compaesani.
Il padre di Antonio morendo ha lasciato in eredità una cassetta colma di ori e preziosi da dividere tra il nipote Gastone (il figlio del barone Peletti) e il Comune; in particolare il generoso lascito al Comune deve servire per costruire una scuola per i bambini del paese, costretti invece a frequentare un Istituto scolastico altrove.
Ebbene, l'avaraccio di 47 morto che parla ha nascosto la cassetta impedendo ai suoi concittadini di usufruire della generosità del padre.
E' in particolare nella prima parte di 47 Morto che parla che Totò caratterizza il personaggio dell'avaro con una serie di comportamenti e battute.
Accusa il figlio di stare sempre a gironzolare: perché? Perché così, andando in giro, gli si consumano le scarpe!
Al figlio che gli domanda: "Non mi dai nemmeno il buongiorno?", risponde:
"Io non do mai niente a nessuno!"; il figlio ribatte: "Ma il buongiorno sì!";
il barone: "Quello te lo auguro!".
Al figlio che gli comunica che va via di casa: "Bene, un pane e un coperto di meno!".
Il cameriere: "Signor barone? Le debbo dire una cosa."
"Come, come… cocchiere."
"Che c’è, dici, parla."
"E’ una cosa triste."
"Non parliamo di soldi, eh?"
"E’ morto il cavallo!"
"No! Accidenti! Il cavallo!"
"Eh!"
"E’ morto! Oh povera bestia! E’ un danno! Mi è morto un cavallo! E di che cosa è morto? Come è morto? Quando è morto?"
"Da un momento all’altro."
"Di che cosa?"
"Non mangiava... "
"E va be' non mangiava, ma tu gli davi da bere?"
"Sì, sì, sì!"
"Acqua a soddisfazione?"
"Sì. Molta, molta. Ogni volta che la chiedeva, gliela davo."
"Ed è morto l’istesso? Oh quanto mi dispiace, povera bestia. Adesso che si stava abituando a stare digiuno."
"Eh!"
"Non si può fare un esperimento! Non me ne va una bene!"
"Era un uomo così antipatico che dopo la sua morte, i parenti chiedevano il bis."
Silvana Pampanini, volendo far credere al barone che lui e lei sono diventati degli spiriti: "Siamo fatti d'aria".
Totò: "Tu sei fatta d'aria buona. Fammi prendere una boccata d'aria!"
Quando il Barone ricompare alla fine del film, tanto per fare capire che viene dalla Sardegna: "Iu così pallidu!".
In effetti, è anche vestito con gli abiti tradizionali della Sardegna: la scena ricorda quella finale di Chi si ferma è perduto, quando Totò viene trasferito con Peppino de Filippo per punizione nella bella isola.
Nel film 47 morto che parla, tratto da una commedia di Ettore Petrolini, debutta in una piccola parte l'attore napoletano Gigi Reder, destinato a grande popolarità con il personaggio del ragionier Filini nella saga cinematografica di Fantozzi.
Il titolo 47 morto che parla contiene un errore, chiaramente voluto da Totò, considerando la sua sicura conoscenza della smorfia napoletana: in quest'ultima, infatti, è il 47 ad essere il morto che parla, ma il 48!
In un altro film c'è lo stesso riferimento erroneo al 47 morto che parla: è nel film Gli onorevoli nel quale Totò, al secolo Antonio La Trippa, si presenta alle elezioni con il numero 47 della lista del Partito Nazionale Restaurazione; un condomino lo prende in giro, per l'appunto gridando: "47 Morto che parla!".