Un posto al sole
di
Giancarlo Sanduzzi
Tra i pochi vanti della mia vita, fino a qualche tempo fa, c'era quello di non essere mai diventato schiavo di un serial televisivo. Vedevo amici, parenti, conoscenti – tutti rispettabili e insospettabili – cadere uno ad uno sotto i colpi di Dallas, Dinasty, Capitol e quant'altro; ascoltavo attonito lunghi commenti su fatti improbabili accaduti a personaggi di cui non sapevo nulla; quando mi dichiaravo estraneo al mondo-serial vedevo negli occhi del mio interlocutore una sorta di astio, come a dire: vuoi fare l'intellettuale, pensi di essere superiore, chi credi di essere. Ma io tenevo duro. Con la divina arma dell'ironia punzecchiavo, stigmatizzavo, ridicolizzavo. Sì, mi sentivo superiore. Intoccabile e invulnerabile. E'giusto, quindi, che – come gli eroi della tragedia greca – io abbia pagato il fio della mia umana tracotanza.
Dal sito di Un posto al sole, la "mappa" di Palazzo Palladini
Una malaugurata serie di circostanze, qualche anno fa, portò la mia famiglia a fissare l'orario di cena per le 20,30. In precedenza il pasto serale era sempre stato consumato prima o dopo di quest'orario; sapevo che mia moglie seguiva un serial italiano – addirittura napoletano – ma la cosa non mi toccava. Lo spostamento di orario, però, mi portò faccia a faccia con il mostro. Potrei dire di aver resistito, di aver strenuamente lottato. Mentirei. Dopo solo due settimane ero entrato nel tunnel di
Un posto al sole.
Ora ne sono quasi uscito. Quando mia moglie non c'è (lei è ancora infettata) mi sintonizzo tranquillamente un altro canale televisivo; se perdo qualche puntata, non chiedo il riassunto di quanto è successo; quando assisto ad un episodio capita addirittura che mi distragga e mi metta a pensare ai fatti miei o cerchi di fare conversazione, ignorando le occhiate indignate della mia consorte. Insomma, sono fuori.
Come ci sono riuscito? Applicando con calma e certosina pazienza la
destrutturazione. La parola è ostica ma il procedimento è semplice: smontare gradualmente tutti i meccanismi e le sovrastrutture fino a mettere a nudo la vacuità del tutto.
Da queste mie elucubrazioni sono nate alcune riflessioni su
Un posto al sole che vorrei sottoporre ai miei ventiquattro lettori. (Spero che qualcuno abbia colto la citazione manzoniana; va notato, però, che Manzoni si esprimeva ironicamente, mentre nel mio caso – temo- il computo è piuttosto vicino alla realtà.)
IL PASSATO
Ci sono errori e omissioni che scontiamo per tutta la vita; allo stesso modo delle scelte felici ci orientano positivamente fino alla fine dei nostri giorni. Tutto questo non avviene in
Un posto al sole; il passato di ogni personaggio è limitato gli ultimi due o tre mesi, il resto è dimenticato, cancellato, spesso proditoriamente modificato. Non essendo condizionato e determinato dal passato il personaggio è più libero e imprevedibile (ma anche più incoerente e contradditorio). Quest'ultima riflessione ci porta al paragrafo successivo.
IL BENE E IL MALE
Alcuni protagonisti di
Un posto al sole accoltellano, avvelenano, truffano, rubano, rovinano, denigrano, violentano; dopo un po', però, li vediamo comportarsi in modo sensibile ed umano, insomma scopriamo che in realtà sono buoni (!). Tutto ciò dipende sicuramente dalla già citata carenza di memoria, ma c'è dell'altro. I personaggi principali devono attirare una certa identificazione da parte del pubblico, per cui non possono essere completamente o continuamente cattivi (in questo i serial americani sono più coraggiosi). I cattivi "integrali" ci sono ma compaiono saltuariamente o per periodi limitati.
L'AMORE
Franco e Angela: l'Amore Eterno in
Un posto la sole
C'è chi crede che l'amore possa durare tutta la vita; altri lo vedono come un fenomeno transitorio.
In
Un posto al sole sono presenti entrambi i punti di vista. Una coppia si giura amore eterno e sembra proprio che sia così.
Ma poi i due si lasciano e ognuno intraprende nuove storie (amore transitorio) che sembra debbano durare per sempre (amore eterno) ma che poi finiscono per lasciare posto a nuove storie (amore transitorio) finché si scopre che ognuno era sempre rimasto innamorato del suo partner originario (amore Eterno con la "E" maiuscola).
A questo punto sembrerebbe che abbia vinto l'amore eterno, sennonché il processo ricomincia da capo.
LA FAMIGLIA
Le situazioni sono un po' confuse ma – credo – meno che in altri serial. In
Un posto al sole ci sono figli adottivi e figli che, dopo aver annunciato che vanno a farsi un viaggetto, spariscono per anni senza che i genitori se ne preoccupino minimamente. Ci sono famiglie allargate e convivenze. Ma c'è anche una certa tendenza alla regolarizzazione e al matrimonio in Chiesa. D'altro canto, anche la condizione di single è presentata in modo abbastanza positivo. Insomma, includendo qualche riferimento al mondo gay, ce n'è per ogni gusto e tendenza.
MORTE, MALATTIE e INCIDENTI
La mortalità in
Un posto al sole è piuttosto bassa. Nel corso degli ultimi anni ho visto morire solo una protagonista principale (evidentemente l'attrice non ne poteva proprio più) e qualche personaggio minore. Le malattie ci sono ma non sono frequenti (deprimono). Gli incidenti, invece (e con "incidente" intendo anche coltellate e pistolettate) avvengono con una frequenza sconcertante. Praticamente non c'è nessun personaggio principale che non sia stato ferito gravemente, se non è addirittura finito in coma o in morte apparente. Il fatto che avvenga una guarigione miracolosa e che la convalescenza duri solo due o tre giorni dovrebbe indurre nello spettatore un irrazionale ma rassicurante senso di ottimismo.
COINCIDENZE E CASUALITA'
I Il letto di ospedale destinato, prima o poi, ad ospitare... tutti i protagonisti di Un posto al sole
In
Un posto al sole ci sono situazioni ricorrenti su cui si potrebbe fare della facile ironia. Per fare solo pochi esempi: è possibile che tutti vengano ricoverati sempre nello stesso ospedale, nello stesso reparto, nella stessa stanza e nello stesso letto? O che su tutti i crimini, dallo scippo all'omicidio, indaghi sempre lo stesso poliziotto? Ancora, vista la quantità di bar e caffetterie presenti a Napoli, è credibile che una persona, trovandosi nel Centro Storico o in zona Policlinico, si vada a prendere il caffè a Posillipo? Ho parlato di facile ironia, e ora mi spiego. Tutte le trame narrative – letterarie, teatrali o filmiche- si basano su una certa quantità di "coincidenze improbabili" senza le quali non ci sarebbe quella che gli strutturalisti chiamano "fabula" (cioè storia, intreccio). Al lettore-spettatore, quindi, viene implicitamente richiesta la cosiddetta "sospensione dell'incredulità". Le coincidenze di
Un posto al sole rientrano in questo discorso; il fatto, però, che la serie sia quotidiana e duri da più di quindici anni rende il livello di improbabilità più appariscente e macroscopico.
COMICITA'
Un posto al sole: l'avaro?
L'inserimento di episodi comici in trame di intrigo e amore è procedimento già conosciuto nell'antichità greca (Menandro) e latina (Plauto). I personaggi di
Un posto al sole, adottando termini desunti dall'opera settecentesca, si possono dividere in tre categorie: i seri, i semiseri e i buffi.
Sui seri non c'è niente da dire; per quanto riguarda i buffi va precisato che sono saltuari e occasionali. La categoria più interessante, quindi, è quella dei semiseri.
Si tratta di personaggi – tutti maschili – che, pur inseriti in contesti quotidiani e "drammatici", hanno in più una valenza comica che, come nella Commedia dell'Arte, è basata su un difetto o una caratteristica precipua.
Ho individuato cinque "tipi" (lascio al lettore il divertimento di associarli al nome del personaggio) e cioè:
l'Avaro, il Furbo, l'Ingenuo, il Saccente, il Burbero.
Negli episodi comici questi personaggi si muovono secondo la loro tipologia interagendo fra di loro e con gli altri (seri e buffi). La loro fissità di "maschere" rende però il meccanismo un po' prevedibile e ripetitivo.
FATTORI POSITIVI E ORIGINALI
Il fedelissimo per eccelenza di Un posto al sole: Patrizio Rispo, nella parte di Raffaele Giordano
Ci sono in
Un posto al sole dei pregi che mi sembrerebbe ingiusto, a questo punto, non rimarcare. Innanzitutto va detto che i ruoli sono tutti molto "azzeccati", per cui la recitazione è sempre naturale e scorrevole. Va inoltre rilevata, da parte del cast, un'assoluta "fedeltà storica": per nessuno dei personaggi principali è stato mai sostituito l'interprete, cosa che avviene spesso nei serial stranieri e che io trovo un po' inquietante, immaginando vividamente la mia reazione nel ritrovarmi uno sconosciuto al posto di mio fratello o di mio zio. Aggiungerei che i tre elementi della serie – intrigo, amore, comicità – sono miscelati e alternati con un certo gusto e, a volte, anche con coraggio, come in quelle puntate – non rare – dove non succede praticamente nulla e tutto si snoda tra dialoghi, incontri, e scenette di vita quotidiana.
Questo minimalismo – lo dico senza alcuna ironia – costituisce un tratto originale di non poco conto in un'epoca dominata dall'azione spettacolare e dal movimento. Infine, mi sembra che la napoletanità sia ben dosata. Né troppo, né troppo poco.
CONCLUSIONE
Chi abbia letto con attenzione i miei paragrafetti si sarà accorto che, in fin dei conti, non ho parlato del tutto male di
Un posto al sole che infatti considero, tutto sommato e nel suo genere, un prodotto abbastanza dignitoso. In effetti non ce l'ho con
Un posto al sole; ce l'ho con il fascino ipnotico che tanti prodotti televisivi di questo tipo – e ce ne sono di molto peggio – esercitano sul nostro essere animali abitudinari e ripetitivi. Atteggiandomi a saggio umanista, quindi, vorrei invitare i miei ventiquattro lettori (che a questo punto saranno sicuramente diminuiti) a uscire sempre di più dagli schemi provando a destrutturare i messaggi in modo da sfuggire ai loro influssi subliminali. Dopo di che, godetevi in santa pace la vostra puntata di
Un posto al sole.